Pochi giorni fa si è tenuta l’inaugurazione di una doppia personale, quella del batterista pop-neo-surrealista dei Tiromancino e Le Mani, Marco Seven Moods Pisanelli, e del front- man degli Incubus, Brandon Boyd. Il tutto coronato all’interno di una splendida location a Roma presso la galleria Rossmut, delle galleriste Silvia Lavia e Loretta Di Tuccio, sita in via dei Vascellari 33. Il vernissage di “Dorway to identity” si è tenuto il 30 ottobre presso la stessa galleria e ha ospitato una quantità infinita di persone, che hanno atteso impazienti l’incontro con gli artisti e la visione delle opere che sarà possibile fino al 24 dicembre.
La porta verso l’identità, la strada, il cammino o la chiave di quella porta è differente in ognuno di noi e si intride di forti significati nelle opere dei due artisti. A tratti le opere sembrano convergere verso un tipo di identità quella femminile e quindi possono sembrare rivolte verso un unico punto, ma a tratti le opere appaiono opposte. Le donne rappresentate da Boyd, come cartine geografiche che identificano la rotta della propria identità, sono snodate in corpi formati da linee sinuose e forti colori ad acquarello su carta, coperte nel volto con vari stilemi che sembrano riecheggiare l’art nouveau con i tratti dei capelli, di linee parallele e di merletti, rimangono nascoste, mostrano appena la bocca, il mento, o le braccia che si fanno carico di atteggiamenti, come fumarsi una sigaretta o appoggiarsi stanche su un braccio, o di azioni, come abbracciarsi ed atteggiarsi a dive.
Le donne di Marco Seven Moods Pisanelli invece sono inserite in spazi onirici indefiniti, dai colori atonali e attraversati da una vena di malinconia, di pensiero, di struggimento, e di forza caratteriale, non si atteggiano, ma spesso, inquadrate inconsapevolmente in varie pose, hanno occhi ora fissi ora languidi, sono rivolte ad un pensiero e non sono sole, ma accompagnate da animali, come l’ariete, l’orso o il gatto, che diventano simboli, o da segni che si riempiono di linguaggi. Sembra di essere di fronte a delle donne forti senza tempo, potrebbero venire dal passato o dal futuro, e per caso trovarsi in questi spazi, uniche detentrici di un segreto misterioso, di un enigma, di un codice di accesso all’identità.
La donna è stata da sempre imput d’ ispirazione artistica, portatrice di significati, detentrice della bellezza sinuosa per eccellenza, è comunque un individuo che alla pari dell’uomo è dotato di un intelletto, di un cuore e di un aspetto che ora si fa angelico, come la Beatrice di Dante, ora si fa umana e naturale, come in Boccaccio, ora rappresentazione della bellezza per eccellenza che traspira attraverso i dipinti di Leonardo, di Michelangelo, di Raffaello, di Tiziano, di Perugino, di Manet, di Renoir, di Guaguin, di Dalì, di Picasso, etc… e potrei continuare fino all’infinito. Ma cose è stata in tutti i secoli la donna se non l’altra faccia, specularmente opposta all’uomo? Quella creatura su cui l’uomo ha sempre fantasticato, e si è posto le domande più interessanti? E quanti artisti hanno rappresentato donne o si sono impersonati tali per afferrare un minimo di quella identità così diversa (basti pensare a Marcel Duchamp con la sua Rose Sélavy)? Per comprenderla o semplicemente per cercare un’altra loro insita identità? Tutte le opere mostrano, come in un palco, altri pensieri, opinioni, atteggiamenti e considerazioni di due uomini artisti che amano impersonarsi in queste donne!
Un altro elemento da sottolineare è la duplicità artistica di Boyd e Pisanelli. Entrambi sono anche musicisti di due gruppi che io conosco molto bene. Ed allora mi sono chiesta quanto la musica ha influenzato l’arte, e quanto l’arte la musica? A mio avviso cambia semplicemente il mezzo artistico perché in realtà le opere sembrano state “scritte” come se fossero pezzi musicali, o interpretate come tali. Se ascolto un pezzo degli Incubus, ne prendo uno a caso, per esempio Warning di Morning View o anche in Promises Promises di If not now, when? e chiudo gli occhi, in realtà mi immagino colori come delle luci, forme e linee che nascono dal bianco e si attorcigliano tra di loro e proseguono in spazi infiniti. Mentre in canzoni dei Tiromancino come Angoli di cielo (fantastiche visioni, per dare nuova luce ai tuoi occhi/… prendi tutti i sogni dal frastuono di ogni giorno) o La descrizione di un attimo dalla ritmicità dei suoni, o dell’altro gruppo di cui fa parte Moods Le mani, basti citare Goccia dopo goccia o Nobili vertigini,sembra rimanere viva l’enigmaticità, il pensiero, e il sogno tipico delle opere di Seven Moods. La musica e la pittura sono due mezzi per arrivare ad uno stesso concetto, sensazione, o emozione. Come loro tanti artisti hanno avuto nella storia questa duplicità basti citarne alcuni: Paul Klee, Alberto Savinio, V. Kandinskij, Alfredo Serri, Luigi Russolo, Bob Dylan, Josè Pasillas (batterista degli Incubus), Mikhaïl Rudy, Hartmann e tantissimi altri potrei citarne anche tra miei amici! Quindi la musica ispira la pittura, come la pittura ispira la musica. Siamo arrivati ad un’equazione:
MUSICA : PITTURA= PITTURA: MUSICA
A questo punto mi preme concludere questo articolo con due frasi una di Paul Klee – L’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è– direi come la musica, no? E l’altra di Andersen – Dove il mondo fallisce, parla la musica– ma anche la pittura, no?
Pam xxx